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Massofisioterapista cui prodest?
la risposta al quesito è facile: basta leggere l’”approfondimento” pubblicato da QS la scorsa settimana. Fabrizio Fornari firma un pezzo del quale, più di ogni argomentazione, colpisce (e spiega) più di tutto proprio la qualifica dell’estensore: “Presidente Istituto Enrico Fermi”.Cercherò di essere, in queste poche righe, poco “politicamente corretto” e spero che non me ne vogliate ma, ogni tanto, ci vuole. Eh si, perché la domanda iniziale (a chi giova?) è doveroso porsela.A chi giova mantenere in vita l’“operatore di interesse sanitario” Massofisioterapista, nonostante le attività che una volta gli erano assegnate siano completamente transitate –così come per il Terapista della Riabilitazione e per tutti i titoli della formazione pregressa- nel Fisioterapista?Giova certamente ai soggetti che gestiscono corsi a pagamento, per formare figure sprovviste di preparazione universitaria e le cui mansioni non sono, nella migliore delle ipotesi, definite.Non giova all’Utente, perché i bisogni che un tempo erano soddisfatti dalla figura del Massofisioterapista sono completamente presi in carico dal Fisioterapista, con formazione universitaria e con i livelli di autonomia e responsabilità richiesti dalla Legge.Ma di cosa sia importante per l’Utente forse non pare importare a molti.La sentenza della giustizia amministrativa citata da Fornari si occupa di ciò che è “legittimo”, non di ciò che è “giusto”.E infatti di altro indirizzo sono, quando si parla di esercizio della fisioterapia, le sentenze della giustizia civile e penale, che badano invece ai diritti fondamentali della Persona, prestandosi meno a sostenere nella forma cose che, nella sostanza, sono insostenibili.Da canto nostro, AIFI, il cui ricorso in appello è stato respinto dal CdS, non ha mai considerato il contenzioso legale come “la battaglia” da fare per mettere ordine in un sistema che ha delle falle.AIFI da sempre pensa e continua a sostenere che chi ha la responsabilità di sistemare i guai che nel tempo sono stati creati è la politica. Certo, i tempi delle delibere e della giustizia amministrativa impongono un’azione, senza la quale la stessa azione politica diventa a volte meno praticabile.Ma è sicuramente nella politica che va ricercata la causa e quindi anche la risoluzione del problema. La sentenza del CdS include il Massofisioterapista, normato dalla L. 403 del 1971, nella categoria, definita dalla L. 43 del 2006, degli “operatori di interesse sanitario”, in maniera “postuma”, per esclusione: siccome non è una professione sanitaria, la categoria delle professioni sanitarie ausiliarie è stata cancellata, si fa come con il motivetto “il vecchietto, dove lo metto?”.Peccato, però, che nessun atto di individuazione delle figura di Massofisioterapista sia stato fatto da alcuna Regione italiana dopo la L. 43/2006 che istituisce la categoria degli “operatori di interesse sanitario”.Inoltre, il CdS nel definire le fonti normative che supportano la tesi secondo cui il Massofisioterapista è figura (ancora) esistente, cita certamente la L. 403/71 ma anche il DM 7 settembre 1976, considerato un tempo il c.d. “mansionario” del Massofisioterapista.Ebbene, qualche mese dopo l’avvio del procedimento al quale il CdS risponde, il 13 dicembre 2010 proprio questo decreto viene abrogato, cancellato dall’allora Ministro della semplificazione On. Calderoli.Insomma, delle due fonti normative, la metà non esiste più.Ma, per restare nel concreto e continuare a dare risposta al quesito d’avvio, chiediamoci se questo “operatore” risponda all’esigenza che il Legislatore ha evidenziato proprio nella L. 403/71 “Nuove norme sulla professione e sul collocamento dei massaggiatori e massofisioterapisti ciechi”.Ebbene, si, nell’Italia della formalità molti si dimenticano che il massofisioterapista doveva essere non vedente e questo per collocare -si pensava allora- utilmente, valorizzandone le qualità, una parte di Cittadini con svantaggio sociale.Una norma, quindi, che è stata svilita e strumentalmente utilizzata per fare “altro”. Una norma inutile nel decennio in cui viviamo, tanto che la stessa Unione Italiana Ciechi, insieme ad AIFI ed alla Federazione Nazionale Collegi Massofisioterapisti, ne ha chiesto formalmente, pubblicamente –e più volte- l’abrogazione.Per essere chiaro: i ciechi chiedono di cancellare le “Nuove norme sulla professione e sul collocamento dei massaggiatori e massofisioterapisti ciechi”. E questo perché non siamo più nell’era dell’assistenzialismo ma in quella –e di aver collaborato a questo siamo orgogliosi- dell’inclusione e della partecipazione.Le persone con disabilità visiva non chiedono un ghetto di facilitazioni occupazionali, chiedono di poter accedere alla formazione normale in Fisioterapia, vogliono sostenere l’esame di ammissione in maniera a loro accessibile e diventare Fisioterapisti come gli altri.Che senso ha, viene da chiedersi, allora, tutto questo? Se questo “operatore di interesse sanitario” “con funzioni ausiliarie, anche se non può in alcun modo essere ricompreso nell’ambito delle professioni sanitarie, trattandosi comunque di una attività pur sempre di carattere "servente ed ausiliaria" rispetto alle pertinenti professioni sanitarie” non può, come non può, essendo esclusività del Fisioterapista, praticare la fisioterapia, cosa fa nel concreto? A quali bisogni risponde?Fra l’altro, è davvero interessante l’interpretazione di Fornari che mira a farci credere che il carattere servente e di mancanza di autonomia di questa figura sia “da mettere evidentemente in relazione con l'innegabile ausiliarietà rispetto al medico” e con questo cercando di affermare la possibilità di praticare attività in regime libero-professionale.La sentenza riporta invece chiaramente che il carattere “servente ed ausiliario” della figura è “rispetto alle pertinenti professioni sanitarie” e non rispetto al solo medico; è comunque chiaro che un “operatore di interesse sanitario” può svolgere la sua attività esclusivamente in regime di dipendenza come hanno già chiarito altre sentenze.Nel caso di questo operatore di interesse sanitario, oltrettutto, non è previsto nemmeno l'accesso ai ruoli del SSN, dal quale contratto di lavoro la figura del Massofisioterapista è stata dichiarata “ad esaurimento”.Insomma, basta con le “interpretazioni”! Il Legislatore, nell’individuare le “nuove” professioni sanitarie, fra cui il Fisioterapista, aveva provveduto per Legge a:- determinare la chiusura della formazione pregressa a quella universitaria (e fra questa i corsi per Massofisioterapista);- chiarire quali figure e a quali condizioni, fossero equipollenti, con il D.M. 27 luglio 2000, alle nuove figure individuate;- determinare le condizioni per cui, a distanza di tempo, i diplomi conseguiti con la formazione pregressa potessero richiedere l’accesso al percorso di equivalenza (che in questi ultimi anni ha avuto avvio) alle figure individuate; - ha persino, il 13/12/2010, abrogato, fra le norme inutili, il DM 7 settembre 1976, come scritto considerato dal CdS una delle due “basi” normative per sostenere l’esistenza della figura del Massofisioterapista.Cosa non ha fatto, invece, il Legislatore? Non ha abrogato la L. 403/71, intitolata ai Massofisioterapisti ciechi e che proprio le Persone con disabilità visiva chiedono da anni sia cancellata e che rappresenta con tutta evidenza l’(unico) appiglio per sostenere che questa figura esista ancora e possa, quindi, essere formata.Il confronto è politico, non è giudiziario. E la politica, che deve scegliere, in questo caso non ha scelta: prosegua colmando la lacuna.Faccia ora quello che, per anni, ha “dimenticato” di fare: cancelli (con gli strumenti legislativi che riterrà idonei) quanto previsto nella L. 403/71 e restituisca serenità ad un settore in cui, dal lato della pratica professionale, non ci sono dubbi su chi possa praticare legittimamente la fisioterapia.Ché di questa vicenda, siamo sicuri, sono stufi anche i Giudici.
Fine articolo________________________
Rispondo senza fatica (in effetti lo fanno i giudici per me) riportando una sentenza del Consiglio Di Stato (dove le stesse parti si fronteggiano) depositata qualche giorno dopo la comparsa dell'articolo in questione (19-10-2015), dove i giudici precisano dei punti in maniera chiara.
Ho aggiunto l'evidenziatore verde, grassetto e sottolineature sui punti che fanno a "botte" con l'articolo cui sopra.
Questa sentenza, tra l'altro, è l'ultima del Consiglio Di Stato ad oggi e mi fa' capire che:
- L'attività del Massofisioterapista è vigente e non è mai stata soppressa
- le mansioni sono ben definite nel mansionario DM 105 1997
- L'accesso ai corsi per non vedenti non esclude l'accesso alla formazione ai vedenti.
- Il Massofisioterapista è una figura sanitaria atipica.
- Il Massofisioterapista non è autonomo rispetto all'attività medica. Svolge la libera professione dietro prescrizione medica, svolge le terapie di massaggio e fisioterapia
Questa sentenza è stata depositata il 19-10-15 e ripeto, è l'ultima del Consiglio Di Stato fino ad oggi 19-1-16!! Leggiamola per fugare ogni dubbio.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3028 del 2014, proposto da:
Istituto Enrico Fermi Perugia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Saverio Marini, Carlo Alberto Franchi, Daniela Franchi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesco Saverio Marini in Roma, Via dei Monti Parioli, n. 48;
contro
Associazione Italiana Fisioterapisti, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Lorenzo Lamberti, Maurizio Corain, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maurizio Corain in Roma, Via Ludovisi, n. 16;
AIFI - Associazione Italiana Fisioterapisti Regione Umbria, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita;
nei confronti di
Regione Umbria, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Paola Manuali, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alberta Milone in Roma, Via Costabella, n. 21;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. UMBRIA – PERUGIA, SEZIONE I, n. 00557/2013, resa tra le parti, concernente pianificazione triennio 2012/2014 della formazione professionalizzante in ambito sanitario.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Associazione Italiana Fisioterapisti e di Regione Umbria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2015 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli avvocati Francesco Saverio Marini, Lorenzo Lamberti e Luisa Gobbi su delega di Paola Manuali;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. - Con ricorso al TAR Umbria, L’AIFI impugnava la delibera giuntale n. 814 del 3.7.2012, con cui la Regione Umbria pianificava la formazione del personale dei servizi sanitari per il triennio 2012/2014 riguardante, tra l’altro, l’attivazione, nell’ambito dei “profili sanitari non oggetto di formazione universitaria” presso l’Istituto privato “Enrico Fermi Srl” di Perugia del corso di “massaggiatore masso-fisioterapista”.
L’associazione ricorrente lamentava l’incompetenza e violazione degli artt. 3, 4 e 7 della l.r. n. 69 del 21.1.1981; la violazione e falsa applicazione degli artt. 6, comma 3, del D.Lgs. 502/1992, delle leggi 42/1999 e 251/2000, del D.M. salute 29 marzo 2001, degli artt. 1 e 2 della l. 43/2006, dell’art. 4 quater del D.L. 205/2005, delle leggi n. 1099/1971 e 403/1971 e del D.M. 27.7.2000; violazione dei criteri di riparto delle competenze Stato e Regioni ai sensi degli artt. 117 c. 2 della Costituzione, violazione dei principi generali in materia di formazione dei professionisti sanitari, eccesso di potere per manifesta contraddittorietà, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti incongruenza e insufficienza della motivazione, sviamento; violazione degli artt. 7 e 29, comma 2 bis, della l. 241/1990 per la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.
La questione, nel merito, riguardava la collocazione nell’ambito del S.S.N. della figura del massaggiatore masso-fisioterapista, che sarebbe stata soppressa (salvo le qualifiche ad esaurimento e i massaggiatori non vedenti) invadendo la sfera di attribuzioni della figura del fisioterapista, disciplinata positivamente e la cui qualificazione avviene, ormai, a livello di diploma universitario.
2.- Con la sentenza in epigrafe il ricorso è stato in parte accolto, affermandosi che la qualificazione del masso fisioterapista operata dall’impugnata delibera GR 814/2012 come “ professione sanitaria non riordinata” nega la corretta appartenenza della figura alla categoria degli “operatori di interesse sanitario” e pretende in buona sostanza di collocarla invece nell’ambito di un ipotetico “tertiumgenus” di cui non vi è traccia nell’ordinamento. Il che si porrebbe anche in contrasto con l’art. 11, comma 3, della Costituzione.
La sentenza afferma, nel contempo, che la Regione può procedere ad autorizzare la gestione di corsi professionali in ambito sanitario per il profilo di masso fisioterapista esclusivamente quale “operatore di interesse sanitario”.
Inoltre, confermando il proprio precedente (sentenza n. 5/2010), il TAR ha dichiarato illegittimo l’aver escluso l’accesso dei fisioterapisti al corso di masso fisioterapista.
3.- Con l’appello in esame, l’Istituto Enrico Fermi Perugia s.r.l., premesso l’inquadramento sistematico della figura del masso-fisioterapista denuncia l’illegittimità della sentenza nella parte in cui ha rigettato l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, nonché la contraddittorietà della stessa nella parte in cui ha negato la riconducibilità della figura al novero delle “professioni sanitarie ausiliarie”, qualificando, invece, il relativo profilo come “operatore di interesse sanitario”.
L’appellante sostiene l’inapplicabilità dell’art. 1, comma 1, della l. n. 43 del 2006 al masso fisioterapista, trattandosi di una figura “non riordinata”, tuttora regolata dalle norme che originariamente ne hanno stabilito l’introduzione nell’ordinamento. ( l. 403/1971)
In via subordinata, l’appellante solleva questione di costituzionalità dell’art.1, comma 2, della l. n. 43/2006, in riferimento all’art. 117, comma 3 della Costituzione e, in via gradata, denuncia l’illegittimità della sentenza nella parte in cui ha affermato la natura meramente servente e tecnica del massofisioterapista.
Anche il capo di sentenza che concerne l’accesso ai corsi di formazione per massaggiatore sportivo, includendovi i fisioterapisti, è stato impugnato per contrasto con l’art. 8 della l. 1099 del 1971.
4. - Si è costituita in giudizio l’AIFI sostenendo che non vi è stata alcuna violazione della regola del “ne bis in idem”, in quanto la sentenza n. 5 del 2010 dello stesso TAR riguardava l’impugnazione di altro provvedimento (delibera di G.R.n. 909 del 2006).
L’AIFI argomenta in ordine alla non contraddittorietà della sentenza e alla corretta qualificazione del masso-fisioterapista come “operatore di interesse sanitario” ( cfr. C.d.S., III Sezione, n.3325/2013).
Ricorda come l’art. 117, comma 3, della Costituzione sancisce la potestà concorrente di Stato e Regioni in materia di “professioni”.
5. - Si è costituita in giudizio anche la Regione Umbria che chiede l’accoglimento dell’appello, concordando con l’appellante sulle conclusioni secondo cui la figura del masso-fisioterapista è caratterizzata dallo svolgimento di funzioni di carattere professionale dell’area sanitaria e riabilitativa, “non riordinate”.
6. - All’udienza del 9 luglio 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello va rigettato, con le precisazioni che seguono.2. - Con la sentenza appellata, il primo giudice ha accolto il ricorso proposto da AIFI ritenendo che l’attuale disciplina (legge n. 43 del 2006, art. 1, comma 2) prevede una categoria - quella degli “operatori di interesse sanitario” - nel cui ambito possono trovare posto attività di interesse sanitario sprovviste delle caratteristiche della “professione sanitaria” in senso proprio ( art.1, comma 1, l. 43/2006), che si connotano per mancanza di autonomia professionale ed alle quali corrisponde una formazione di livello inferiore.
3. - Il Collegio concorda su queste conclusioni.
Il Collegio si è pronunciato sulla questione di merito con sentenza adottata su appello proposto da AIFI avverso la sentenza n. 5/2010 del TAR Umbria ( N.R.G. 2829 del 2010, chiamato alla stessa udienza), sentenza che aveva però rigettato il ricorso dell’Associazione, col quale si pretendeva che la figura del massofisioterapista dovesse considerarsi soppressa a seguito della riforma delle professioni sanitarie di cui alla l. 43/2006.
Questo Consiglio ha affermato che la figura del masso-fisioterapista non è stata soppressa.
Poiché le attività sanitarie non mediche sono tutte comprese nell’art. 1 della legge n. 43/2006 (entrata in vigore un mese dopo l’articolo 4-quater del D.L. 250/2005 e che rappresenta senza dubbio la vigente disciplina in materia), se ne deduce che quella del masso-fisioterapista sopravvive e trova collocazione nell’ambito della categoria di “operatoridi interesse sanitario” di cui al comma 2, (non riconducibili alle professioni sanitarie, come definite dal comma 1) che si connotano per la mancanza di autonomia professionale e a cui corrisponde, difatti, una formazione di livello inferiore.
L’argomento centrale di questa interpretazione è rappresentato, per un verso, dalla constatazione della mancata espressa soppressione della figura del massaggiatore nel momento in cui sono state riordinate le professioni sanitarie non mediche (tanto che non sono state chiuse le Scuole regionali di Catania e Palermo e quelle statali di Firenze e Napoli e non è stata modificata la possibilità di accesso da parte degli alunni vedenti).
Per altro verso, la previsione del comma 2 dell’art. 1 citato, ha un tenore inequivocabile in quanto espressamente prevede figure sanitarie di formazione regionale “atipiche” (operatori di interesse sanitario), diverse da quelle ricomprese nel primo comma dell’art. 1 (a numero chiuso, che sono solo quelle individuate dal decreto del Ministro della Sanità 29 marzo 2001,salvi i successivi aggiornamenti).
In tal senso, si è già espressa questa Sezione con sentenza 17 giugno 2013, n. 3325, affermando che “la figura del masso-fisioterapista, il quale abbia conseguito un titolo di formazione regionale, ben può rientrare nel novero degli operatori di interesse sanitario, con funzioni ausiliarie, anche se non può in alcun modo essere ricompreso nell’ambito delle professioni sanitarie, trattandosi comunque di una attività pur sempre di carattere "servente ed ausiliaria" rispetto alle pertinenti professioni sanitarie (cfr. Corte Costituzionale 20 luglio 2007, n. 300)”.
Non può che ribadirsi, dunque, conformemente alla giurisprudenza di questa Sezione, che non essendo intervenuto atto di individuazione della figura del masso-fisioterapista come una di quelle da riordinare, né tantomeno atti di riordinamento del relativo corso di formazione o di esplicita soppressione, la professione (e relativa abilitazione) de qua è in sostanza rimasta configurata nei termini del vecchio ordinamento (L. 19 maggio 1971 n. 403, il cui art. 1, comma 1, ha conferito all'attività di massaggiatore e di masso-fisioterapista natura giuridica di libera professione – cfr. Cons. St., Sez. IV, 23.11.1985 n. 567), con conseguente conservazione dei relativi corsi di formazione (cfr. C.d.S., Sez. IV, 30.5.2011, n. 3218; sez. III, n. 3325/2013 cit.).
3.1 - La qualificazione della figura come “operatore di interesse sanitario”, non contraddice con la vigenza della disciplina di cui alla l. n. 403/1971, del decreto ministeriale di attuazione del 7 settembre 1976, nonché del decreto del Ministero della Pubblica Istruzione n. 105 del 17 febbraio 1997. Dalle citate norma di desume con chiarezza che “il masso fisioterapista svolge le terapie di massaggio e fisioterapia in ausilio all’opera dei medici”; ciò conferma, per un verso la mancanza di autonomia del masso-fisioterapista rispetto all’attività medica e, per altro verso, il non assorbimento della figura professionale de qua in quelle contemplate dal primo comma dell’art. 1 della l. 43/2006, con conseguente inquadramento nelle figure di cui al comma 2 dell’art. 1 citato.
4. - Neppure appare fondata la questione di costituzionalità sollevata, proprio perché l’atto impugnato, che attiva un corso di formazione a livello regionale, non determina l’introduzione di una nuova figura professionale, né il mantenimento in vita di figure soppresse, né prevede un percorso formativo diverso da quanto previsto dal legislatore statale.
Risulta, pertanto, rispettata la previsione costituzionale concernente la competenza concorrente di Stato e Regioni nella materia delle “professioni”, in quanto debbono ritenersi riservate allo Stato l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili ed ordinamenti didattici (sentenze n. 40 del 2006, n. 424, n. 355 e n. 319 del 2005), nonché la disciplina dei titoli necessari per l’esercizio delle professioni (sentenza n. 153 del 2006) e l’istituzione di nuovi albi (sentenze n. 40 del 2006, n. 424 e n. 355 del 2005).
I masso-fisioterapisti formati dall’Istituto Fermi su autorizzazione regionale corrispondono al profilo previsto dalla l. 403/1971 e dal D.M. 7.9.1976 (avente ad oggetto i programmi di insegnamento presso le scuole professionali statali per non vedenti di Firenze e Napoli) ed è, pertanto, legittima la delibera che attiva i relativi corsi di formazione, per il mancato riordino della figura professionale.
5. - Per quanto concerne il motivo di censura relativo all’accesso ai corsi di “massaggiatore sportivo”esteso ai fisioterapisti per effetto della sentenza impugnata, il Collegio ritiene che la sentenza sul punto vada confermata.
L’attuale formazione di livello universitario del fisioterapista e il carattere di maggiore autonomia nella terapia riabilitativa che caratterista questa figura professionale, fa ritenere che legittimamente anche i fisioterapisti possano essere ammessi alla frequenza dei corsi in questione.
6.- L’appello va, in conclusione, rigettato nei sensi di cui in motivazione.
7.- Le spese di giudizio si compensano tra le parti, attesa la natura delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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In ultima analisi temo che tra qualche tempo le cause, si sposteranno dal settore amministrativo a quello del codice di procedura penale, sempre che il Ministero non risolva il problema prima...
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